Canto I Inferno (vv 1-12) – La Selva oscura
Testo e commento del Canto I dell’Inferno (versi 1 -12) – La Selva
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’ è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai, tant’ era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.
Nel primo verso della Divina Commedia Dante pone l’accento subito su come la sua sia un’esperienza collettiva, usando l’aggettivo nostra invece di mia; per lui la metà della vita di un individuo sono i trentacinque anni, poiché riteneva l’età media di un uomo essere di 70 anni (lo scrisse nel Convivio, IV 23, 6-10, a sua volta citando dal Libro dei Salmi), ed essendo egli nato nel 1265 si può già capire come ci si trovi nell’anno 1300, un anno altamente simbolico, nel quale si svolse il primo giubileo; inoltre la parola cammin introduce già il tema del viaggio che il poema tratta.
Alcuni critici hanno avanzato un’avvalorata teoria riguardo al valore dell’aggettivo “nostra”, che sarebbe da attribuire alla volontà di Dante di infilare nei versi della Commedia la maggiore quantità di nozioni culturali possibile: l’aggettivo, infatti, potrebbe essere riferito alla cosiddetta “teoria del grande anno stoico”.
Questa teoria fu naturalmente argomentata dagli stoici in epoca antica: secondo loro, la durata della vita del mondo è di 13000 anni, all’inizio dei quali i pianeti (ovviamente nella teoria geocentrica) erano tutti perfettamente allineati; secondo questa teoria, di conseguenza, nel momento in cui, 13000 anni più tardi sarebbe accaduto ancora, il mondo sarebbe stato vittima di un grande incendio da cui poi si sarebbe rigenerata una nuova terra popolata da una nuova umanità. la teoria degli stoicisti, quindi, pone Dante nel momento preciso dell’anno a metà di 1300, perciò possiamo affermare che il 1300 è, per gli stoicisti, il 6500º anno dalla creazione del mondo.
Possiamo affermare questa teoria escatologica sulla base di alcuni complicati calcoli che possiamo svolgere all’interno della Commedia. Stando a questi calcoli, e alla teoria stoica in sè e per sè, l’allineamento dei pianeti sarebbe dovuto avvenire l’8 giugno 2007. Non c’è stato nessun incendio rigeneratore ed escatologico, ma la presenza di una teoria proveniente dalla filosofia stoica nella Divina Commedia è affascinante e davvero fondatissima, nonostante l’ipotesi più accreditata continui ad essere quella del Dante trentacinquenne che, dopo la morte di Beatrice, si trova in una selva fatta non solo di peccato e perdizione, ma anche di grande e terribile dolore.
L’azione inizia in medias res. Ciò permette a Dante di evitare alcuni punti “scomodi” della narrazione, durante i quali finge di non ricordare le cose, sviene o è comunque assente a livello intellettivo, anche se fisicamente c’è sempre.
Il poeta si è perso in una selva oscura, secondo un senso allegorico un momento difficile della vita del poeta e più in generale la cosiddetta selva del peccato o dell’errore. Come noto cronotopo, la selva oscura rappresenta la perdizione e l’errore nella Commedia analogamente a quanto avviene nella favolistica popolare.
La diritta via invece rappresenta chiaramente la rettitudine, e quindi il cronotopo opposto, (opposto di “devianza”) morale, spirituale, eccetera. E che dolore, che paura, è per il Dante-narratore (nel flash-back con il quale è raccontato tutto il poema) ricordare la “durezza” delle selva selvaggia, intricata e difficile.
Questa selva (ovvero il peccato) era così amara che la morte è una cosa appena peggiore (intesa come la dannazione), ma per poter parlare del bene che il poeta vi incontrò egli si appresta di buon grado a rivivere quell’esperienza: è il concetto di commedia stessa, che da un inizio duro e difficile si coronerà con un lieto fine.
Dante non ricorda bene come ha fatto a smarrirsi, a causa di un torpore dei sensi che gli fece perdere la verace via (anche qui è chiaro il senso allegorico sotto al mero avvenimento).
Tuttavia, nonostante questa prima descrizione negativa, Dante ci fa notare che c’è sempre una speranza di salvezza: infatti la retta via è “smarrita”, non perduta; ciò ci rimanda al fatto che quest’opera è pur sempre una “commedia” con inizio negativo (l’inferno) e finale positivo (il paradiso).
[bibl]Inferno – Canto primo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_primo&oldid=43553891 (in data 30 settembre 2011).[/bibl]