Canto V Inferno – (vv 25-72) – I lussuriosi
Testo e commento del Canto V dell’Inferno (versi 25-72) – I lussuriosi
Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio. 3 Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia. 6 Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata 9 vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa. 12 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. 15 "O tu che vieni al doloroso ospizio", disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l’atto di cotanto offizio, 18 "guarda com’entri e di cui tu ti fide; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!". E ’l duca mio a lui: "Perché pur gride? 21 Non impedir lo suo fatale andare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare". 24
Oltrepassato Minosse, Dante si trova per la prima volta a contatto con dei veri dannati puniti nel loro girone:
« Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote. »
(vv. 25-27)
In questo luogo buio, dove riecheggiano i pianti, si sente muggire il vento come quando in mare scatta una bufera, per via dei venti contrari che si incrociano; ma questa tempesta infernale non si arresta mai e sbatte gli spiriti con la sua violenza, in particolare quando essi passano davanti a una ruina aumentano le strida, il compianto, il lamento e le bestemmie. Cosa sia di preciso questa ruina non è chiaro, se la spaccatura dalla quale esce la tempesta o una di quelle frane prodotte dal terremoto dopo la morte di Cristo (cfr. Inf. XII, 32 e Inf. XXIII, 137), o forse il luogo dove i dannati discendono per la prima volta nel girone dopo la condanna di Minosse.
Dante in questo caso capisce al volo chi siano i dannati qui puniti: i peccator carnali / che la ragion sommettono al talento, cioè i lussuriosi che hanno fatto prevalere l’istinto sulla ragione.
Seguono due similitudini legate al mondo degli uccelli: gli spiriti (che sono sbattuti dal vento di qua, di là, di giù, di sù e che spererebbero almeno in un allevio della pena) sembrano gli stormi disordinati ma compatti di uccelli quando fa freddo (durante la migrazione invernale); oppure come le gru che volano in fila, in particolare un gruppo di dannati dei quali Dante chiede spiegazione a Virgilio.
Egli lo accontenta e inizia ad elencare le anime di coloro che hanno la particolarità di essere tutti morti per amore:
Semiramide, che fece una legge per permettere a tutti la libido nel suo paese e quindi non essere biasimata nella sua condotta libertina; è anche indicata come moglie e successore di Nino, che regnò nella terra che oggi governa il Sultano, cioè Babilonia, anche se ai tempi di Dante il sultano regnava su Babilonia d’Egitto.
Didone, personaggio virgiliano, che il maestro ha la delicatezza di non citare per nome, ma che indica come colei che ruppe fede al giuramento sulle ceneri di Sicheo e che si uccise per amore (di Enea)
Cleopatra lussurïosa
Elena di Troia, per la quale tanto male nacque
Achille, il grande Achille, che combatté per amore (durante il medioevo si narrava che si fosse innamorato follemente di Polissena, figlia di Priamo, e per questo amore si fosse lasciato trarre in un agguato dove fu ucciso a tradimento, vedi anche le Metamorfosi di Ovidio)
Paride
Tristano
Dopo aver sentito queste e molte altre anime di antiche eroine e cavalieri (in senso lato, secondo l’accezione medievale, come personaggi mitici e importanti in genere); al sentire nominare nomi così famosi Dante è al colmo della misericordia e quasi sviene.
[bibl]Inferno – Canto quinto, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_quinto&oldid=44560211 (in data 7 novembre 2011).[/bibl]