Canto XV Inferno – (vv 22-60 ) – Brunetto Latini
Testo e commento del Canto XV dell’Inferno (versi 22-60 )- Brunetto Latini
Così adocchiato da cotal famiglia, fui conosciuto da un, che mi prese per lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!". 24 E io, quando ’l suo braccio a me distese, ficcaï li occhi per lo cotto aspetto, sì che ’l viso abbrusciato non difese 27 la conoscenza süa al mio ’ntelletto; e chinando la mano a la sua faccia, rispuosi: "Siete voi qui, ser Brunetto?". 30 E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiaccia se Brunetto Latino un poco teco ritorna ’n dietro e lascia andar la traccia". 33 I’ dissi lui: "Quanto posso, ven preco; e se volete che con voi m’asseggia, faròl, se piace a costui che vo seco". 36 "O figliuol", disse, "qual di questa greggia s’arresta punto, giace poi cent’anni sanz’arrostarsi quando ’l foco il feggia. 39 Però va oltre: i’ ti verrò a’ panni; e poi rigiugnerò la mia masnada, che va piangendo i suoi etterni danni". 42 Io non osava scender de la strada per andar par di lui; ma ’l capo chino tenea com’uom che reverente vada. 45 El cominciò: "Qual fortuna o destino anzi l’ultimo dì qua giù ti mena? e chi è questi che mostra ’l cammino?". 48 "Là sù di sopra, in la vita serena", rispuos’io lui, "mi smarri’ in una valle, avanti che l’età mia fosse piena. 51 Pur ier mattina le volsi le spalle: questi m’apparve, tornand’ïo in quella, e reducemi a ca per questo calle". 54 Ed elli a me: "Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorïoso porto, se ben m’accorsi ne la vita bella; 57 e s’io non fossi sì per tempo morto, veggendo il cielo a te così benigno, dato t’avrei a l’opera conforto. 60
Mentre Dante viene osservato a questo modo, ecco che un dannato lo riconosce e che con molta familiarità lo prende per un lembo dell’abito e grida “Qual maraviglia!” (v. 24). Il poeta, nonostante l’aspetto orribilmente bruciacchiato del dannato, lo riconosce in Brunetto Latini, e gli si rivolge con la confidenza tipica di chi è in familiarità: “Siete voi qui, ser Brunetto?”.
“Ser” è comunque un segno di referenza, dovuto tra l’altro al fatto che il Latini era un notaio e che fu per Dante un maestro. Molti hanno sottolineato come quel “qui” indichi una certa sorpresa di Dante che forse fa finta di non essere a conoscenza del peccato di Brunetto.
Egli, che fu maestro e fonte di sapienza per Dante, gli chiede ora nell’Inferno se non gli dispiaccia fare insieme un po’ di strada, lasciando per un po’ la sua schiera, del che il poeta pellegrino si dice ben felice. “Ven preco; / e se volete che con voi m’asseggia / faròl, se piace a costui che vo seco (a Virgilio)”. Brunetto però si affretta allora a spiegare che i dannati come lui non possono mai fermarsi, pena l’immobilità per cento anni sulla sabbia infuocata, quindi è meglio che i due camminino a fianco, prima che il Latini si riunisca alla sua schiera “che va piangendo i suoi etterni danni”. Dante allora capisce e procede tenendo il capo chino “com’uom che reverente vada”, guardandosi bene dallo scendere nella landa colpita dalla pioggia infuocata.
Brunetto inizia chiedendo cosa ci faccia da vivo nel regno dei morti e chi sia la sua guida. Dante risponde parlando di come si sia smarrito “per una selva oscura” prima che la sua età fosse piena (parafrasando il famoso “nel mezzo del cammin di nostra vita”, cioè dice prima di compiere i trentacinque anni, essendo il viaggio immaginario iniziato nel periodo pasquale del 1300 ed essendo il poeta nato sotto il segno dei Gemelli, tra maggio e giugno), appena un giorno prima. Lì Virgilio gli apparve e lo condusse in questo viaggio prima di riportarlo a casa (“a ca”).
Brunetto annuisce a Dante e gli dice che se avesse saputo che il suo compito era così importante, prima di morire lo avrebbe aiutato con i suoi insegnamenti “dato t’avrei a l’opera mia conforto”. In pratica sta lodandolo come discepolo eccezionale e lo sta esortando a perseverare nella via della virtù.
[bibl]Inferno – Canto quindicesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_quindicesimo&oldid=40365213 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]