Canto XIX Inferno- (vv 1-30) – I simoniaci

Testo e commento del Canto XIX dell’Inferno (versi 1-30)-I simoniaci

O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci 3

per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state. 6

Già eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch’a punto sovra mezzo ’l fosso piomba. 9

O somma sapïenza, quanta è l'arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte! 12

Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d’un largo tutti e ciascun era tondo. 15

Non mi parean men ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d’i battezzatori; 18

l’un de li quali, ancor non è molt’anni,
rupp’io per un che dentro v’annegava:
e questo sia suggel ch’ogn’omo sganni. 21

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d’un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l’altro dentro stava. 24

Le piante erano a tutti accese intrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averien ritorte e strambe. 27

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte. 30


Il canto inizia con un’invettiva contro Simon Mago, personaggio degli Atti degli Apostoli che intendeva acquistare con il denaro la facoltà di fare prodigi da San Pietro e che è all’origine del nome della cosiddetta simonia.
In questo canto Dante mostra infatti la bolgia dove sono puniti i simoniaci, all’interno dell’ottavo cerchio dell’Inferno, dedicato ai fraudolenti. Questa bolgia è introdotta in maniera non canonica rispetto alle altre: invece di descrivere l’aspetto generale del luogo per poi scegliere un peccatore, il quale a sua volta indichi poi i nomi di altri dannati, qui Dante inizia ex abrupto con un’invettiva piuttosto solenne che annuncia il carattere del canto, dove il poeta esporrà le sue idee in merito alla situazione politica globale, dominata dalle lotte tra papato e impero che erano alla base di tutti i problemi del mondo allora attuale.
« O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci

per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,

però che ne la terza bolgia state. »
Il suonare la tromba richiama sia i banditori medievali, che richiamavano l’attenzione, sia il passo dell’Apocalisse di San Giovanni, dove gli angeli suonano la tromba per annunciare il Giudizio Universale.
Dante inizia solo dopo a parlare di dove si trova: già nella bolgia successiva, sulla parte dello “scoglio” (il ponticello che scavalca la bolgia) che sta sopra la mezzeria del fosso (“Già eravamo, a la seguente tomba, montati de lo scoglio in quella parte ch’a punto sovra mezzo ‘l fosso piomba.”, vv. 7-9). Quindi il poeta, dopo un’invocazione alla sapienza divina che con giustizia amministra sia il mondo dei vivi che le punizioni nell’Inferno, inizia a tracciare l’aspetto della nuova fossa: piena di buchi (gli ricordano quelli del bel San Giovanni a Firenze, dove si battezza e dove Dante ebbe occasione di scheggiarne uno quando si trattò di salvare un ragazzo che vi stava affogando) dai quali escono le gambe dei peccatori fino alle cosce (il “grosso”), con le piante dei piedi accese da fiammelle che sembravano quelle che lambiscono la superficie (“la buccia”) delle cose unte; per il supplizio questi dannati scalciano furiosamente (“per che sì forte guizzavan le giunte, che spezzate averien ritorte e strambe”, vv. 26-27, cioè così forte scuotevano i ginocchi che avrebbero spezzato qualsiasi tipo di corda, comprese le fortissime “ritorte” di vimini e le “strambe” di fibre vegetali).

[bibl]Inferno – Canto diciannovesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_diciannovesimo&oldid=40829735 (in data 14 novembre 2011).[/bibl]

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