Canto XXIV Inferno – (vv 97-120) – Metamorfosi dei ladri

Testo e commento del Canto XXIV dell’Inferno (versi 97-120)-Metamorfosi dei ladri

Ed ecco a un ch’era da nostra proda,
s’avventò un serpente che ’l trafisse
là dove ’l collo a le spalle s’annoda. 99

Né O sì tosto mai né I si scrisse,
com’el s’accese e arse, e cener tutto
convenne che cascando divenisse; 102

e poi che fu a terra sì distrutto,
la polver si raccolse per sé stessa
e ’n quel medesmo ritornò di butto. 105

Così per li gran savi si confessa
che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo anno appressa; 108

erba né biado in sua vita non pasce,
ma sol d’incenso lagrime e d’amomo,
e nardo e mirra son l’ultime fasce. 111

E qual è quel che cade, e non sa como,
per forza di demon ch’a terra il tira,
o d’altra oppilazion che lega l’omo, 114

quando si leva, che ’ntorno si mira
tutto smarrito de la grande angoscia
ch’elli ha sofferta, e guardando sospira: 117

tal era ’l peccator levato poscia.
Oh potenza di Dio, quant’è severa,
che cotai colpi per vendetta croscia! 120



A questo punto Dante assiste a una sorprendente metamorfosi, quando un serpente morde un dannato tra il collo e la spalla e nel tempo di tracciare una “O” oppure una “I” (lettere di una tratto solo) il dannato cade a terra come cenere e rinasce da essa, come fenice, che rinasce ogni 500 anni dopo essersi costruita un letto di nardo e mirra (citazione quasi letterale da Ovidio, Metamorfosi XV) o come un epilettico, che all’epoca si riteneva posseduto temporaneamente da un demone.
Il contrappasso di questi dannati non è completamente chiaro, comunque il serpente che striscia potrebbe simboleggiare la natura subdola di questi dannati. Inoltre il fatto di avere mani legate è l’opposto di quella “sveltezza” di mano che contraddistinse la loro mala opera. La metamorfosi animalesca è sempre un fatto gravemente degradante per Dante, che nella sua concezione dell’universo strettamente gerarchica attribuiva a animali e piante una forma di vita molto meno nobile di quella umana, creata a somiglianza di Dio (si pensi ai suicidi la cui pena è quella di essere trasformati in sterpi, o alle similitudini animalesche così frequenti nelle Malebolge). Nel caso poi del dannato che si polverizza e rinasce è un’aggiunta perché il suo peccato è avvenuto in luogo consacrato (lo si legge tra poco), quindi il ritornare alla polvere, come prima della Genesi, è una severa vendetta divina di chi ha osato sfidarlo.

[biblInferno – Canto ventiquattresimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_ventiquattresimo&oldid=44928502 (in data 16 novembre 2011).[/bibl]

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