Canto XXV Inferno – (vv 1-16) – Vanni Fucci e l’invettiva contro Pistoia

Testo e commento del Canto XXVdell’Inferno (versi 1-16)-Vanni Fucci e l’invettiva contro Pistoia

Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch’a te le squadro!". 3

Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
perch’una li s’avvolse allora al collo,
come dicesse ’Non vo’ che più diche’; 6

e un’altra a le braccia, e rilegollo,
ribadendo sé stessa sì dinanzi,
che non potea con esse dare un crollo. 9

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
d'incenerarti sì che più non duri,
poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi? 12

Per tutt’i cerchi de lo ’nferno scuri
non vidi spirto in Dio tanto superbo,
non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. 15



Il canto continua con un tutt’uno con il precedente. Vanni Fucci, ladro confesso, profeta di sciagure appena elencate a Dante con odio “perché doler ti debbia”, adesso è sempre al centro della scena e conclude il suo arrogante e minaccioso discorso con un gesto blasfemo, che consiste nell’alzare verso il cielo le due mani con il gesto delle fiche (infilando il pollice tra l’indice e il medio, che all’epoca era un gesto volgare come il gesto dell’ombrello) gridando “Togli, Dio, ch’a te le squadro!” (qualcosa come “Tié, Dio!”, letteralmente: “Prendi Dio, che te le mostro apertamente!”, intendendo le fiche), una sordida bestemmia, che sdegna Dante, per fortuna interrotta dall’arrivo di serpi che, nonostante prima avessero suscitato il suo orrore (in Inferno XXIV, 82-84), da quel momento considera amiche perché strozzano il dannato come se gli intimassero di non parlare più e gli legano di nuovo le braccia che hanno appena compiuto il gesto osceno.
Il poeta allora scrive un’invettiva contro la città di Pistoia, patria di cittadini così rei:
« Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
d’incenerarti sì che più non duri,

poi che ‘n mal fare il seme tuo avanzi? »
(vv. 10-13)
Perché Pistoia Pistoia non deliberi di non esistere più riducendoti in cenere? I tuoi concittadini sono i peggiori in quanto a malvagità. Dante confessa infatti che finora in tutto l’Inferno non ha incontrato nessuno così superbo quanto il ladro pistoiese, neppure Capaneo, il re bestemmiatore che precipitò dalle mura di Tebe. Vanni Fucci esce quindi di scena fuggendo avvolto dai serpenti, cosi che non poté più parlare ancora.

[bibl] Inferno – Canto venticinquesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_venticinquesimo&oldid=44003251 (in data 16 novembre 2011).[/bibl]

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