Canto XXV Inferno – (vv 17-33) – Il centauro Caco
Testo e commento del Canto XXVdell’Inferno (versi 17-33)-Il centauro Caco
El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: "Ov’è, ov’è l’acerbo?". 18 Maremma non cred’io che tante n’abbia, quante bisce elli avea su per la groppa infin ove comincia nostra labbia. 21 Sovra le spalle, dietro da la coppa, con l’ali aperte li giacea un draco; e quello affuoca qualunque s’intoppa. 24 Lo mio maestro disse: "Questi è Caco, che, sotto ’l sasso di monte Aventino, di sangue fece spesse volte laco. 27 Non va co’ suoi fratei per un cammino, per lo furto che frodolente fece del grande armento ch’elli ebbe a vicino; 30 onde cessar le sue opere biece sotto la mazza d’Ercule, che forse gliene diè cento, e non sentì le diece". 33
La successiva apparizione del Centauro Caco (un mostro ucciso da Ercole che solo Dante trasforma in centauro basandosi su una descrizione piuttosto vaga di Virgilio nell’Eneide) è improvvisa e breve. Esso appare correndo infuriato come se cercasse Vanni Fucci (“Ov’è, ov’è l’acerbo?”, v. 18) forse per punirlo (ma poi qui Caco è un dannato o un guardiano della bolgia? non ci sono abbastanza elementi per stabilirlo).
Egli è vividamente descritto come pieno di serpenti attaccati su tutta la groppa fino all’innesto con il corpo umano, più di quelli che Dante crede si possano trovare in tutta la Maremma. Inoltre egli ha un drago alato innestato dietro le spalle, un’invenzione di Dante per giustificare il fatto che il mostro Caco sputasse fuoco secondo alcuni autori antichi.
Virgilio quindi lo presenta, come il Caco che spesso bagnò il colle Aventino di un lago di sangue e che rubo con frode in un gregge vicino: i buoi di Gerione a Ercole, che prese tirandoli per la coda così che non si potessero rintracciarne le orme; per questo non si trova con gli altri centauri (custodi del settimo cerchio dei violenti).
Per porre fine al suo malvagio operato, Ercole lo uccise con cento colpi della sua mazza, ma egli al decimo era già morto, un particolare truculento mutuato da Ovidio, che sottolinea che la frode può giustificare la brutalità per essere punita.
[bibl] Inferno – Canto venticinquesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_venticinquesimo&oldid=44003251 (in data 16 novembre 2011).[/bibl]