Canto IX Inferno – (vv 106-133) – Il cimitero degli eretici
Testo e commento del Canto IX dell’Inferno (versi 106-133) – Dentro le mura: il cimitero degli eretici
Dentro li ’ntrammo sanz’alcuna guerra; e io, ch’avea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra, 108 com’io fui dentro, l’occhio intorno invio: e veggio ad ogne man grande campagna, piena di duolo e di tormento rio. 111 Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, sì com’a Pola, presso del Carnaro ch’Italia chiude e suoi termini bagna, 114 fanno i sepulcri tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro; 117 ché tra li avelli fiamme erano sparte, per le quali eran sì del tutto accesi, che ferro più non chiede verun’arte. 120 Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. 123 E io: "Maestro, quai son quelle genti che, seppellite dentro da quell’arche, si fan sentir coi sospiri dolenti?". 126 E quelli a me: "Qui son li eresïarche con lor seguaci, d’ogne setta, e molto più che non credi son le tombe carche. 129 Simile qui con simile è sepolto, e i monimenti son più e men caldi". E poi ch’a la man destra si fu vòlto, 132 passammo tra i martìri e li alti spaldi.
I due poeti a questo punto non trovano più nessun ostacolo ad entrare nella città e attraversano le mura. Il cambio di situazione è totale: dall’affollamento e l’azione dei versi immediatamente precedenti, si passa al deserto del cimitero, seppure punteggiato dai soliti lamenti dei dannati. Al lettore moderno magari può impressionare il fatto che dentro le mura della città invece di trovare case e persone i due poeti trovano l’esatto opposto cioè un cimitero: bisogna comunque pensare che al tempo di Dante i cimiteri si potevano ancora trovare dentro le mura, e che il divieto a seppellire dentro il centro delle nostre città risale solo all’epoca napoleonica.
Dante quindi si guarda attorno e lo stuolo di tombe gli ricorda due famosi cimiteri medievali: quello di Arles (l’odierno Cimetière des Alyscamps) e quello di Pola (oggi scomparso). Dalle fosse (gli avelli) scoperchiate escono fiamme, che basterebbero ad un fabbro per qualsiasi opera (“che ferro più non chiede verun’ arte”). Dante chiede chi sia sepolto qui e Virglio risponde gli eresiarchi, cioè i fondatori di eresie, ma vedremo nel canto successivo che qui sono puniti anche (e soprattutto) i seguaci, ma sarà un caso voluto o meno da Dante, si incontreranno solo i negatori della vita ultraterrena, gli atei o epicurei o monofisiti. In ogni caso Virgilio avverte che in ogni sepolcro sono puniti seguaci di dottrine analoghe, quindi non ci si dovrebbe sorprendere di trovare nel prossimo canto solo epicurei, perché viene descritto un sepolcro solo. Però è anche da sottolineare che il contrappasso si addice solo agli epicurei: per analogia, poiché essi negarono la vita dopo la morte, essi sono morti tra i morti.
Dante personaggio e Dante narratore
Dal canto precedente Dante ha intensificato il rivolgersi in prima persona al lettore (“Pensa lettor”). La critica dantesca, soprattutto contemporanea, si è concentrata sul metodo di narrazione del poema, con una dicotomia tra il Dante personaggio e il Dante che scrive del suo viaggio. In realtà si deve innanzitutto notare che anche il personaggio dello “scrittore che parla in prima persona” è un’invenzione e non coincide con il vero “Dante persona reale”: basti pensare al fatto che l’io narrante ci parla di un viaggio immaginario come se fosse vero in tutto per tutto, quindi guardando oltre la fiction, esiste il vero Dante nell’ombra che sta inventando la storia.
Il narratore usato è quindi solo la proiezione in un tempo futuro del Dante pellegrino nell’oltretomba, che rende testimonianza del viaggio fantastico in un secondo momento. Anche il momento in cui parla il narratore è un presente fittizio, staccato dal tempo della vera biografia dell’Alighieri storico-anagrafico. Questo presente fittizio è un momento indefinito che si rinnova ogni volta che un lettore intraprende la lettura dei versi.
Inoltre esiste un livello simbolico nella Divina Commedia: il viaggio di Dante rappresenta il cammino di ciascun individuo verso la redenzione, quindi si può dire che esista anche un “quarto” Dante che agisce nel poema a rappresentazione dell’intera umanità cristiana.
[bibl]Inferno – Canto nono, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_nono&oldid=38300821 (in data 8 novembre 2011).[/bibl]