Canto V Purgatorio – (vv 1-21) – Rimprovero di Virgilio
Testo e commento del Canto V del Purgatorio (versi 1-21)- Rimprovero di Virgilio
Io era già da quell’ombre partito, e seguitava l’orme del mio duca, quando di retro a me, drizzando ’l dito, 3 una gridò: "Ve’ che non par che luca lo raggio da sinistra a quel di sotto, e come vivo par che si conduca!". 6 Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto. 9 "Perché l’animo tuo tanto s’impiglia", disse ’l maestro, "che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? 12 Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti; 15 ché sempre l’omo in cui pensier rampolla sovra pensier, da sé dilunga il segno, perché la foga l’un de l’altro insolla". 18 Che potea io ridir, se non "Io vegno"? Dissilo, alquanto del color consperso che fa l’uom di perdon talvolta degno. 21
Dante, seguendo Virgilio, si allontana dalle anime dei pigri fin quando una di queste lancia un grido di meraviglia poiché i raggi del sole non riescono a trapassare il corpo del poeta e ne proiettano l’ombra sul terreno. Alle parole del penitente Dante si volge e vede le anime guardarlo meravigliate, ma Virgilio lo richiama con dolce fermezza ricordandogli che l’uomo proteso ad un fine non deve lasciarsi distrarre da quello ma deve perseguirlo con decisione. Dante non può non accogliere l’invito del maestro, perché riconosce la verità dell’osservazione.
[/bibl] Purgatorio – Canto quinto, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Purgatorio_-_Canto_quinto&oldid=44243461 (in data 21 novembre 2011).[/bibl].