Canto V Purgatorio – (vv 130-136) – Pia de’ Tolomei
Testo e commento del Canto V del Purgatorio (versi 130-136)- Pia de’ Tolomei
"Deh, quando tu sarai tornato al mondo e riposato de la lunga via", seguitò 'l terzo spirito al secondo, 132 "ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che ’nnanellata pria 135 disposando m’avea con la sua gemma".
Una terza anima chiede a Dante di pregare per lei una volta ritornato in terra: appartiene a Pia dei Tolomei, ed enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu uccisa, la Maremma. Allude attraverso una perifrasi al suo assassino: il marito. La donna era forse una nobile di Siena appartenente alla casata dei Tolomei, e, secondo ricostruzioni mai pienamente verificate storicamente, morta nel 1297 per mano del consorte, signore del castel di Pietra in Maremma. Sono state avanzate alcune ipotesi sul motivo dell’assassinio: alcuni storici antichi ritengono che Nello dei Pannocchieschi, il marito, l’abbia uccisa per risposarsi con Margherita Aldobrandeschi, secondo altri in seguito all’infedeltà della moglie.
L’unica analogia tra i personaggi è la morte violenta subita e il pentimento avvenuto in punto di morte. Bonconte e Iacopo del Cassero sono entrambi morti in seguito a battaglie o avversioni di altri nobili e manifestano sentimento e coinvolgimento nel raccontare la loro storia a Dante. Il periodo in cui i due hanno vissuto è caratterizzato da lotte per il potere tra i vari signori italiani. Al contrario Pia dei Tolomei assume un tono recriminatorio verso il suo uccisore, sembra infastidita dal fatto che prima egli la prese come sposa e successivamente la uccise. L’atteggiamento della donna nel raccontare la propria storia a Dante è distaccato e freddo, come a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal mondo terreno; è l’unica, tuttavia, dalla quale traspare un velo di cortesia, chiedendogli di farle il favore di ricordarla in terra solo dopo essersi riposato dal lungo viaggio.
Analisi
Il canto, attraverso i tre personaggi che allinea, presenta un quadro impressionante della violenza sanguinosa che macchia ogni luogo e ogni situazione. dalla più ovvia violenza politica e militare a quella, più nascosta ma altrettanto tragica, che si svolge in famiglia. Le accuse ai colpevoli, benché espresse senza toni veementi, non mancano: da “quel da Esti” (v. 77), ossia il signore di Ferrara che perseguita Jacopo del Cassero, allo sposo omicida di Pia de’ Tolomei. Un altro e diverso colpevole viene additato da Bonconte, nel suo racconto drammatico degli estremi istanti di vita: la natura sconvolta, che con le acque dei fiumi in piena trascina il corpo fino a sciogliere le braccia che aveva stretto in croce come ultimo segno della fiducia in Dio, è strumento del demonio che, ribellandosi vanamente all’angelo che salva l’anima, pentitasi in extremis, esercita il suo dominio sul corpo di Bonconte.
Il canto è costruito intorno al tema del pentimento che, benché tardivo, è tuttavia tale da indurre Dio alla misericordia; a questo si collega il tema della preghiera, pronunciata dalle anime in coro (è appunto il Miserere) e della richiesta che tutte le anime fanno a Dante di ricordarle tra i viventi: così Jacopo ai vv. 70-72 e Bonconte al v. 89.
Questo canto, nel quale si inserisce anche un diretto motivo autobiografico (la battaglia di Campaldino, alla quale Dante partecipò), si può considerare, proprio per il sangue e la violenza che descrive, degna preparazione al canto VI, nel quale Dante pronuncia una durissima invettiva contro l’Italia tutta, segnata dall’ingiustizia e dalla prepotenza.
[/bibl] Purgatorio – Canto quinto, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Purgatorio_-_Canto_quinto&oldid=44243461 (in data 21 novembre 2011).[/bibl].