Canto VII Purgatorio – (vv 91-136) – Rassegna dei principi negligenti
Testo e commento del Canto VII del Purgatorio (versi 91-136)- Rassegna dei principi negligenti
Colui che più siede alto e fa sembianti d’aver negletto ciò che far dovea, e che non move bocca a li altrui canti, 93 Rodolfo imperador fu, che potea sanar le piaghe c’ hanno Italia morta, sì che tardi per altri si ricrea. 96 L’altro che ne la vista lui conforta, resse la terra dove l’acqua nasce che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta: 99 Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce fu meglio assai che Vincislao suo figlio barbuto, cui lussuria e ozio pasce. 102 E quel nasetto che stretto a consiglio par con colui c’ ha sì benigno aspetto, morì fuggendo e disfiorando il giglio: 105 guardate là come si batte il petto! L’altro vedete c’ ha fatto a la guancia de la sua palma, sospirando, letto. 108 Padre e suocero son del mal di Francia: sanno la vita sua viziata e lorda, e quindi viene il duol che sì li lancia. 111 Quel che par sì membruto e che s’accorda, cantando, con colui dal maschio naso, d’ogne valor portò cinta la corda; 114 e se re dopo lui fosse rimaso lo giovanetto che retro a lui siede, ben andava il valor di vaso in vaso, 117 che non si puote dir de l’altre rede; Iacomo e Federigo hanno i reami; del retaggio miglior nessun possiede. 120 Rade volte risurge per li rami l’umana probitate; e questo vole quei che la dà, perché da lui si chiami. 123 Anche al nasuto vanno mie parole non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta, onde Puglia e Proenza già si dole. 126 Tant’è del seme suo minor la pianta, quanto, più che Beatrice e Margherita, Costanza di marito ancor si vanta. 129 Vedete il re de la semplice vita seder là solo, Arrigo d’Inghilterra: questi ha ne’ rami suoi migliore uscita. 132 Quel che più basso tra costor s’atterra, guardando in suso, è Guiglielmo marchese, per cui e Alessandria e la sua guerra 135 fa pianger Monferrato e Canavese".
Sordello indica vari personaggi di alto rango, identificandoli con gli atteggiamenti o con i tratti fisici più evidenti. Il primo è l’imperatore Rodolfo d’Asburgo, che non canta insieme agli altri e mostra rimorso per aver trascurato il suo maggior dovere (il riferimento all’Italia è evidente); accanto a lui, in atto di confortarlo, Ottacchero re di Boemia, certo migliore del proprio figlio Venceslao, ancora vivente e vizioso.
Seguono altri sovrani: Filippo III di Francia (col naso piccolo), in aria di confidenza con Enrico I di Navarra. I due, entrambi tristi e tormentati, sono padre e suocero di Filippo il Bello, definito “mal di Francia”, dalla vita “viziata e lorda”. Il corpulento Pietro III d’Aragona e Carlo I d’Angiò suo avversario in terra sono qui uniti e concordi nel canto. Alle spalle di Pietro, l’ultimo figlio, di promettente valore ma morto giovanissimo. Gli altri eredi invece non hanno saputo trasmettere il valore paterno: si tratta di Giacomo II d’Aragona e Federico II, re di Sicilia.
Dopo aver commentato quanto di rado la virtù dei padri si trasmetta alla discendenza, Sordello cita come esempio negativo la condizione di Puglia e Provenza sotto il regno di Carlo II d’Angiò. Commenta il valore rispettivo di Pietro d’Aragona, Carlo I e Carlo II d’Angiò facendo riferimento alle loro mogli.
In solitudine siede Enrico III d’Inghilterra che ha una discendenza migliore. L’ultimo, seduto più in basso (perché non è un re) è il marchese Guglielmo VII di Monferrato, causa di lutti per le guerre mosse contro Alessandria e il Canavese.
Analisi
L’incontro con Sordello, che nel canto sesto era stato bruscamente interrotto dalla lunga e violenta apostrofe all’Italia e a tutti i corresponsabili della sua rovina, riprende in modo più disteso. Dopo la manifestazione di riverenza di Sordello verso il maestro Virgilio, e l’accenno malinconico di quest’ultimo alla propria condizione eterna, vengono date informazioni essenziali sul “sistema” del Purgatorio. In esso si può procedere verso l’alto, quindi verso la purificazione, solo con la luce del sole. La notte non impedisce alle anime di muoversi, ma esse sanno che possono soltanto o sostare o muoversi nel luogo in cui si trovano. Trasparente l’allegoria: il sole fin dal primo canto dell’Inferno rappresenta la grazia divina, la tenebra simboleggia il peccato.
Poi, in quello che si presenta come un locus amoenus, nella “valletta” che prefigura il Paradiso Terrestre in un’atmosfera addolcita dal canto corale della preghiera, i tre poeti assisteranno ad una scena penitenziale.
Le anime dei sovrani e principi qui raccolte fanno parte dell’ampia schiera di “negligenti” ovvero di coloro che, attratti da preoccupazioni terrene, non si sono dedicati con la dovuta sollecitudine alla cura del bene spirituale. In questo gruppo, c’è anche chi, come l’imperatore Rodolfo, è stato negligente anche verso il dovere politico di custodire la giustizia in Italia. Si ricordi, nel sesto canto, vv. 103-105, l’accusa mossa all’imperatore Alberto e a suo padre (appunto Rodolfo) di aver trascurato il giardin de lo imperio.
Anche gli altri regnanti citati sono collegati alla recente storia dell’Italia, puntualmente ricordata con cenni rapidi ma pregnanti.
Un aspetto tipico del Purgatorio è dato dalla concordia che qui accomuna personaggi che in vita furono anche violentemente ostili. Anticipata dal canto corale, questa concordia si mostra anche nell’atteggiamento esteriore, meditativo e assorto, delle anime.
Dal punto di vista espressivo, il canto presenta molti elementi descrittivi, sia nel delineare il luogo, sia nell’identificare i personaggi con tratti fisici e gesti (il naso piccolo oppure grande, la corporatura massiccia, la guancia appoggiata sulla mano…).
[/bibl]Purgatorio – Canto settimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Purgatorio_-_Canto_settimo&oldid=39448418 (in data 21 novembre 2011).[/bibl].