Canto XIII Inferno – (vv 79-108) – Trasformazione dei suicidi

Testo e commento del Canto XII dell’Inferno (versi 79-108) – Spiegazione di come i suicidi si trasformino in piante

Un poco attese, e poi "Da ch’el si tace",
disse ’l poeta a me, "non perder l’ora;
ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace". 81

Ond’ïo a lui: "Domandal tu ancora
di quel che credi ch’a me satisfaccia;
ch’i’ non potrei, tanta pietà m’accora". 84

Perciò ricominciò: "Se l’om ti faccia
liberamente ciò che ’l tuo dir priega,
spirito incarcerato, ancor ti piaccia 87

di dirne come l’anima si lega
in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
s’alcuna mai di tai membra si spiega". 90

Allor soffiò il tronco forte, e poi
si convertì quel vento in cotal voce:
"Brievemente sarà risposto a voi. 93

Quando si parte l’anima feroce
dal corpo ond’ella stessa s’è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce. 96

Cade in la selva, e non l’è parte scelta;
ma là dove fortuna la balestra,
quivi germoglia come gran di spelta. 99

Surge in vermena e in pianta silvestra:
l’Arpie, pascendo poi de le sue foglie,
fanno dolore, e al dolor fenestra. 102

Come l’altre verrem per nostre spoglie,
ma non però ch’alcuna sen rivesta,
ché non è giusto aver ciò ch’om si toglie. 105

Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascuno al prun de l’ombra sua molesta". 108


Virgilio, su richiesta di Dante, chiede quindi come le anime si trasformino in piante e se alcuna di esse si divincoli mai da tale forma. Di nuovo il tronco soffia prima forte e poi da quel “vento” tornano le parole: (parafrasi) “Brevemente vi sarà risposto: quando l’anima feroce del suicida si separa dal corpo dal quale essa stessa si è distaccata con la forza, Minosse (il giudice infernale), la manda al settimo cerchio (“foce”), dove cade nella selva a caso, dove la fortuna la balestra (di nuovo un verbo legato alla caccia). Lì nasce un ramoscello, poi un arbusto: le Arpie mangiando le sue foglie gli arrecano dolore e il dolore si manifesta in lamenti (chiasmo riferito a come dai rami rotti possano uscire parole e lamenti)” (vv. 93-102).
Poi Pier racconta come, dopo il Giudizio universale, le loro anime trascineranno i corpi alla foresta e li appenderanno ciascuna al suo tronco, senza riunirsi con essi poiché non è giusto riprendere ciò che ci si è tolti (“non è giusto aver ciò c’om si toglie”, v. 105). Questa è un’invenzione puramente dantesca e nessun teologo parla di questa condizione speciale dei suicidi dopo il Giudizio Universale. L’idea del bosco dove penzolano macabramente i corpi dei suicidi è una delle più cupe rappresentazioni dell’Inferno.

[bibl]Inferno – Canto tredicesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_tredicesimo&oldid=42494143 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]

Lascia un commento