Canto XVIII Inferno – (vv 127-136) – Taide
Testo e commento del Canto XVIII dell’Inferno (versi 127-136)- Taide
Appresso ciò lo duca "Fa che pinghe", mi disse, "il viso un poco più avante, sì che la faccia ben con l’occhio attinghe 129 di quella sozza e scapigliata fante che là si graffia con l’unghie merdose, e or s’accoscia e ora è in piedi stante. 132 Taïde è, la puttana che rispuose al drudo suo quando disse "Ho io grazie grandi apo te?": "Anzi maravigliose!". 135 E quinci sian le nostre viste sazie".
Infine, in questa rapida carrellata di dannati di questo canto, Virgilio richiama l’attenzione di Dante su una dannata “sozza e scapigliata”, che “si graffia con l’unghie merdose” e si alza e siede continuamente senza trovare pace. Essa è Taide, la “puttana” che al suo amante (drudo) quando egli le chiese se avesse grazie presso (apo, latinismo da apud) di lei, essa gli rispose “Maravigliose”, eccedendo in lusinghe.
Sul personaggio vanno fatte alcune considerazioni. La prima è che è la prima peccatrice donna che si incontra nell’Inferno dai tempi di Francesca da Rimini, trovata nel II cerchio dei lussuriosi, dove pure comparivano alcune figure femminili. Essa è l’unica prostituta nominata all’Inferno ed è significativo come essa non sia punita per la lussuria ma per l’adulazione. In secondo luogo Dante mette in bocca alla donna parole non sue. Essa è infatti un personaggio letterario della commedia dell’Eunucus di Terenzio, la quale manda il suo servitore Gnatone presso il suo amante Trasone; e Trasone chiede al mezzano, non a Taide, se egli fosse gradito alla donna ricevendo come risposta “Ingentes”, cioè “Moltissimo”, quindi semmai l’adulatore sarebbe stato Gnatone. L’equivoco nasce dal fatto che Dante lesse della vicenda schematizzata da Cicerone in un passo del De amicitia, confondendo un nominativo con un vocativo e quindi attribuendo la frase a Taide stessa. Cicerone stesso usò il passo per indicare un chiaro esempio di adulazione (secondo lui sarebbe bastato un semplice sì di risposta invece dello spropositato moltissimo) e Dante riprende pari pari la citazione.
Nonostante tutto, questo errore ci ha permesso di mettere in luce alcuni elementi sulla biblioteca di Dante.
Il canto si chiude con Virgilio che sprezzante dice “E quinci sian le nostre viste sazie”, una variante del motto Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
[bibl]Inferno – Canto diciottesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_diciottesimo&oldid=38300805 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]