Canto XXXII Inferno – (vv 124-139) – Il conte Ugolino e l’arcivescovo Ruggieri

Testo e commento del Canto XXXII dell’Inferno (versi 124-139)- Il conte Ugolino e l’arcivescovo Ruggieri

Noi eravam partiti già da ello,
ch’io vidi due ghiacciati in una buca,
sì che l’un capo a l’altro era cappello; 126

e come ’l pan per fame si manduca,
così ’l sovran li denti a l’altro pose
là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca: 129

non altrimenti Tidëo si rose
le tempie a Menalippo per disdegno,
che quei faceva il teschio e l’altre cose. 132

"O tu che mostri per sì bestial segno
odio sovra colui che tu ti mangi,
dimmi ’l perché", diss’io, "per tal convegno, 135

che se tu a ragion di lui ti piangi,
sappiendo chi voi siete e la sua pecca,
nel mondo suso ancora io te ne cangi, 138

se quella con ch’io parlo non si secca".



Di nuovo Dante si allontana in silenzio e più avanti nota, nella stessa zona, due traditori affiancati, uno dei quali fa da cappello al capo dell’altro: e come si mangia il pane per fame, così egli addentava alla nuca, non meno di come fece Tideo (Re di Tebe citato da Stazio) con le tempie di Menalippo per lo sdegno.
Dante chiede allora solennemente chi sia, rivolgendosi a quello che bestialmente mangiava l’altro, e perché: se infatti fa questa ritorsione a ragione Dante potrà, conoscendo loro e il loro peccato, parlare di loro su nel mondo, compensandoli, anche se gli si dovesse seccare la gola (dunque si tratta di una promessa).
Si tratta del Conte Ugolino della Gherardesca e dell’Arcivescovo Ruggieri, la cui storia sarà magistralmente illustrata nel canto successivo e qui viene solo introdotta dalla richiesta di Dante.

[/bibl] Inferno – Canto trentaduesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_trentaduesimo&oldid=43992179 (in data 19 novembre 2011).[/bibl].

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