Canto XXXIV Inferno – (vv 1-15) -La Giudecca: i traditori dei benefattori – versi
Testo e commento del Canto XXXIV dell’Inferno (versi 1-15)- La Giudecca: i traditori dei benefattori – versi
"Vexilla regis prodeunt inferni verso di noi; però dinanzi mira", disse ’l maestro mio, "se tu ’l discerni". 3 Come quando una grossa nebbia spira, o quando l’emisperio nostro annotta, par di lungi un molin che ’l vento gira, 6 veder mi parve un tal dificio allotta; poi per lo vento mi ristrinsi retro al duca mio, ché non lì era altra grotta. 9 Già era, e con paura il metto in metro, là dove l’ombre tutte eran coperte, e trasparien come festuca in vetro. 12 Altre sono a giacere; altre stanno erte, quella col capo e quella con le piante; altra, com’arco, il volto a’ piè rinverte. 15
Inizia con l’unica frase in latino della cantica l’ultimo Canto dell’Inferno: significa “le insegne del re dell’Inferno avanzano” ed è una citazione del celebre inno di Venanzio Fortunato, dove invece delle insegne della vera croce, per le quali fu composta entrando poi nella liturgia della Settimana Santa, Dante aggiunge “inferni”, per introdurre solennemente la visione di Lucifero.
Dice quindi Virgilio che le insegne, intese come i segni, del re degli inferi avanzano verso di loro, quindi invita Dante a guardare avanti per vederlo. Dante crede di vedere una specie d’edificio, come un mulino che di notte appaia in mezzo alla nebbia; una forte ventata fa rabbrividire il poeta che si fa scudo alla sua guida, ché non lì era altra grotta, cioè altro riparo.
Guardandosi attorno Dante vede la più paurosa desolazione, tanto che il Dante-narratore anche rabbrividisce nel “mettere in metro” cioè nel comporre la poesia: le ombre dei dannati sono tutte coperte nel ghiaccio, e traspaiono come pagliuzze (festuca) sottovetro; di queste anime alcune sono sdraiate, altre dritte a testa in su o in giù, altre ancora sono piegate ad arco con il capo verso le piante dei piedi. Probabilmente a ognuna di queste posizioni potrebbe corrispondere un diverso grado di colpa, ma Dante non pone alcuna spiegazione: i dannati sono pietrificati e muti, nessuno viene indicato né da Dante né da Virgilio. Solo più tardi (al v. 117) si saprà che questa zona del nono cerchio è la Giudecca, da Giuda Iscariota. Non è chiaro, per mancanza di indizi univoci, se qui siano puniti i traditori verso la Chiesa e l’Impero o quelli più genericamente verso i loro benefattori: solo tre sommi peccatori verranno nominati in bocca al Diavolo e da quelli si è cercato di risalire alla colpa anche degli altri.
[/bibl] Inferno – Canto trentaquattresimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_trentaquattresimo&oldid=44903189 (in data 20 novembre 2011).[/bibl].