Temporale

Il temporale non è scoppiato, è un orizzonte, una mano del destino nella vita.

Il temporale è stato cantato in tutte le epoche, cosicché Pascoli è stato probabilmente ispirato da:

La Divina Commedia di Dante (Purgatorio, canto V)
Petrarca
Tasso
La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi.
Non a caso si tratta di una “tempesta infernale”, in cui le nubi di un “nero di pece” fanno contrasto con un “rosseggio all’orizzonte”: vi è in ciò il senso di un mondo, che sta per essere ingoiato dalle fiamme.

Analisi del testo

È una ballata di settenari. È una miniatura nella quale troviamo concentrati gli elementi significativi del lavoro poetico pascoliano:

l’onomatopea: “bubbolìo” (il rombo lontano del tuono);
la sintassi breve: c’è un solo verbo, “rosseggia”;
le parole del lessico quotidiano: “pece”, “stracci”;
il tema della casa, metonimia della famiglia ma soprattutto della madre, intese come rifugio e fuga dal mondo. È il marchio poetico pascoliano, legato da un lato al trauma infantile della perdita drammatica di entrambi i genitori, e dall’altro al costante tentativo di ricostituire il mondo perduto che ispirò tutta la sua esistenza.
l’analogia: “un’ala di gabbiano”, qui scelto per la sua qualità di volatile capace di contrastare alla violenza della bufera. È da sottolineare l’efficacia di questa locuzione che si staglia, nella brevità di un singolo verso, a suggellare l’idea della forza protettiva.

Simbologia

Mare: è il luogo, dove è cominciata la vita secondo Darwin e la sua teoria;
Fuoco: sul mare, ossia il mondo sta bruciando, sta per finire;
Monte: luogo dove si ascende al sublime, olimpo degli dei;
Nero di pece: negazione radicale, cancellazione dell’esistenza, morte;
Stralci di nubi chiari: nella tradizione ebraica il bianco è il colore della morte;
Casolare: segno di vita, quiete, speranza e serenità in un mondo triste e buio.
Questa poesia è connessa a molte altre, sia di Myricae (Dopo l’acquazzone, Pioggia, Sera d’ottobre, Ultimo canto, Il lampo, Il tuono, Lontana, I ciechi), che dei Canti di Castelvecchio (Temporale, La mia sera). A esemplificazione del procedimento analogico nella scrittura pascoliana, proponiamo l’accostamento di due figure analogiche parallele tratte dai versi finali dei due componimenti contrassegnati dal medesimo titolo di Temporale:

Myricae: tra il nero un casolare: / un’ala di gabbiano
Canti di Castelvecchio: …mentre, col suo singulto / trepido, passa sotto / l’acquazzone una chioccia / […] tra il vento e l’acqua, buono, / s’ode quel croccolare[1] / ‘co’ suoi pigolii dietro.
L’uso dell’analogia è nei due casi molto diverso: l’ala di gabbiano si sovrappone in modo gratuito e soggettivo sul proprio “analogo” – la casa – suscitando, con la sorpresa del suo apparire improvviso, l’idea del contenuto profondo che il poeta vuole evocare. La chioccia è invece una figura perfettamente aderente al contesto descrittivo della poesia: lo scrosciare della pioggia sui campi. Ma tuttavia essa si presta a una lettura simbolica, che Pascoli stesso conferma, se non nella stessa poesia, in numerosi altri momenti della sua produzione

Myricae, http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Myricae&oldid=37661239 (in data 3 febbraio 2011).

Lascia un commento