Canto X Purgatorio – (vv 97-139) – I superbi
Testo e commento del Canto X del Purgatorio (versi 97-139)- I superbi
Mentr’io mi dilettava di guardare l’imagini di tante umilitadi, e per lo fabbro loro a veder care, 99 "Ecco di qua, ma fanno i passi radi", mormorava il poeta, "molte genti: questi ne ’nvïeranno a li alti gradi". 102 Li occhi miei, ch’a mirare eran contenti per veder novitadi ond’e’ son vaghi, volgendosi ver’ lui non furon lenti. 105 Non vo’ però, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire come Dio vuol che ’l debito si paghi. 108 Non attender la forma del martìre: pensa la succession; pensa ch’al peggio oltre la gran sentenza non può ire. 111 Io cominciai: "Maestro, quel ch’io veggio muovere a noi, non mi sembian persone, e non so che, sì nel veder vaneggio". 114 Ed elli a me: "La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia, sì che ’ miei occhi pria n’ebber tencione. 117 Ma guarda fiso là, e disviticchia col viso quel che vien sotto a quei sassi: già scorger puoi come ciascun si picchia". 120 O superbi cristian, miseri lassi, che, de la vista de la mente infermi, fidanza avete ne’ retrosi passi, 123 non v’accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l’angelica farfalla, che vola a la giustizia sanza schermi? 126 Di che l’animo vostro in alto galla, poi siete quasi antomata in difetto, sì come vermo in cui formazion falla? 129 Come per sostentar solaio o tetto, per mensola talvolta una figura si vede giugner le ginocchia al petto, 132 la qual fa del non ver vera rancura nascere ’n chi la vede; così fatti vid’io color, quando puosi ben cura. 135 Vero è che più e meno eran contratti secondo ch’avien più e meno a dosso; e qual più pazïenza avea ne li atti, 138 piangendo parea dicer: ’Più non posso’.
Virgilio avvisa Dante che sono in arrivo molte persone, dal passo lento: sono i purganti che scontano il loro peccato di superbia. Sono coloro che hanno dimenticato che l’uomo è solo un bruco, destinato a diventare farfalla solo nell’aldilà: ora sono curvi come telamoni sotto pesi troppo grandi rispetto alle loro forze, tanto che quello che sembrava poter sopportare di più il suo carico piangendo parea dicer: “Più non posso”.
Analisi del testo [modifica]
Abbandonando almeno in parte il simbolismo a favore di un intento più specificatamente edificante, Dante accede alla vista dei primi fra i purganti; si tratta della prima fra le “pene” propriamente dette che si incontrano nella seconda cantica.
L’abilità narrativa e immaginifica del poeta è qui dispiegata in tutta la sua potenza: la descrizione delle scene di umiltà è semplice nel concetto (sono tanto verosimili da sembrar parlare) ma resa con grande maestria e senza mai cadere in banalità. La presentazione dei superbi è anticipata da un’apostrofe al lettore, perché non tema il dolore del contrappasso pensandolo in funzione della beatitudine futura (si ricordi che siamo sicuramente destinati, dopo la morte, a sopportare nel migliore dei casi perlomeno le pene del Purgatorio), che sembra sapientemente posizionata per alimentare un vero effetto suspense ante litteram.
Questo canto sembra quindi essere stato composto con grande abilità per perseguire l’intento di insegnare e ammonire attraverso l’arte e il coinvolgimento emotivo, quasi imitando quelle statue parlanti scolpite dal Cielo in persona. Del resto, come ogni epoca anche quella di Dante era colma di superbi cristian; e quale esempio migliore, per richiamare tali tronfi personaggi all’umiltà, che mostrare la propria padronanza assoluta del mezzo artistico per poi definirsi in chiusura solo un vermo in cui formazion falla?
[/bibl]Purgatorio – Canto decimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Purgatorio_-_Canto_decimo&oldid=41143817 (in data 21 novembre 2011).[/bibl].