Canto XVIII Inferno – (vv 22-39) – Ruffiani e seduttori
Testo e commento del Canto XVIII dell’Inferno (versi 22-39)- Ruffiani e seduttori
A la man destra vidi nova pieta, novo tormento e novi frustatori, di che la prima bolgia era repleta. 24 Nel fondo erano ignudi i peccatori; dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto, di là con noi, ma con passi maggiori, 27 come i Roman per l’essercito molto, l’anno del giubileo, su per lo ponte hanno a passar la gente modo colto, 30 che da l’un lato tutti hanno la fronte verso ’l castello e vanno a Santo Pietro, da l’altra sponda vanno verso ’l monte. 33 Di qua, di là, su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro. 36 Ahi come facean lor levar le berze a le prime percosse! già nessuno le seconde aspettava né le terze. 39
Guardando verso destra Dante può già vedere i primi dannati dell’VIII cerchio:
« A la man destra vidi nova pieta,
novo tormento e novi frustatori,
di che la prima bolgia era repleta. » (vv. 22-24)
I dannati sono nudi (condizione che Dante ripete solo quando vuole sottolinearne la miseria) e stanno sul fondo della “bolgia”. Essi si muovono in due file, una che scorre verso Dante lungo il perimetro esterno e una che gira radente alla parete interna nella sua stessa direzione e a passo più sostenuto, ricordando al poeta i pellegrini che nel Natale del 1299 per il Giubileo del 1300 (lo stesso anno del viaggio ultraterreno immaginario) viaggiavano su due file sul Ponte Sant’Angelo per raggiungere o andarsene dalla Basilica di San Pietro, da una lato andando verso Castel Sant’Angelo, dall’altro verso “il monte”, ovvero verso la città (non è chiaro quale monte o colle Dante volesse qui intendere; probabilmente si tratta di quel monticello formato da antiche rovine chiamato poi Monte Giordano, sul quale oggi c’è Palazzo Taverna e dove la toponomastica riporta ancora i nomi di Via di Monte Giordano e Vicolo del Montonaccio). Questo passo da taluni è indicato come una prova della partecipazione dell’Alighieri al Giubileo, ma ciò non è unanimemente accettato per scarsità di notizie.
Sui massi attorno al fossato Dante vede dei diavoli cornuti che con lunghe fruste colpiscono i dannati sulla schiena e sulle natiche, con una pena che è più umiliante che dolorosa e che richiama le pene ingiurianti che nel medioevo si infliggevano ad alcuni rei. Forse Dante la riprese dalla tradizione di un qualche statuto comunale a lui conosciuto. Anche la visione dei diavoli, così statici e non minacciosi è tipicamente medievale e ricorda le figure che si potevano vedere negli affreschi delle basiliche. Dante sottolinea che le frustate facevano scappare a gambe levate i dannati (“facevano lor levar le berze”) e che nessuno stesse fermo a aspettare la seconda o la terza frustata.
[bibl]Inferno – Canto diciottesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_diciottesimo&oldid=38300805 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]