Canto XII Inferno – (vv 100-139) – I violenti contro il prossimo

Testo e commento del Canto XII dell’Inferno (versi 100-139 ) – I violenti contro il prossimo

Or ci movemmo con la scorta fida
lungo la proda del bollor vermiglio,
dove i bolliti facieno alte strida. 102

Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e ’l gran centauro disse: "E’ son tiranni
che dier nel sangue e ne l’aver di piglio. 105

Quivi si piangon li spietati danni;
quivi è Alessandro, e Dïonisio fero
che fé Cicilia aver dolorosi anni. 108

E quella fronte c’ ha ’l pel così nero,
è Azzolino; e quell’altro ch’è biondo,
è Opizzo da Esti, il qual per vero 111

fu spento dal figliastro sù nel mondo".
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
"Questi ti sia or primo, e io secondo". 114

Poco più oltre il centauro s’affisse
sovr’una gente che ’nfino a la gola
parea che di quel bulicame uscisse. 117

Mostrocci un’ombra da l’un canto sola,
dicendo: "Colui fesse in grembo a Dio
lo cor che ’n su Tamisi ancor si cola". 120

Poi vidi gente che di fuor del rio
tenean la testa e ancor tutto ’l casso;
e di costoro assai riconobb’io. 123

Così a più a più si facea basso
quel sangue, sì che cocea pur li piedi;
e quindi fu del fosso il nostro passo. 126

"Sì come tu da questa parte vedi
lo bulicame che sempre si scema",
disse ’l centauro, "voglio che tu credi 129

che da quest’altra a più a più giù prema
lo fondo suo, infin ch’el si raggiunge
ove la tirannia convien che gema. 132

La divina giustizia di qua punge
quell’Attila che fu flagello in terra,
e Pirro e Sesto; e in etterno munge 135

le lagrime, che col bollor diserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
che fecero a le strade tanta guerra". 138


Nesso quindi fa da guida ai due pellegrini che iniziano ad attraversare il fiume di sangue bollente: una volta tanto Virgilio resta in disparte (“Questi ti sia or primo, e io secondo”, v. 114).
Il grande centauro inizia con l’illustrare delle anime che sono immerse fino “al ciglio”, fino agli occhi, i tiranni che fecero violenza sia contro le persone che contro i beni delle persone (la distinzione nei due modi di far violenza al prossimo è alla base della punizione). Qui il centauro indica Alessandro e Dionisio il vecchio, tiranno di Siracusa, che diede anni dolorosi alla Sicilia (“Cicilia”). Su chi sia il tiranno Alessandro non c’è chiarezza: si pensa in genere ad Alessandro di Fere in Tessaglia, citato insieme a Dionisio anche nel Livre du Tresor di Brunetto Latini, ma alcuni hanno pensato anche ad Alessandro Magno, sebbene Dante ne parli con onore nel Convivio e nel De Monarchia, quindi più improbabile.
Successivamente Nesso indica un’anima dai capelli neri, Ezzelino III da Romano, e una dai capelli biondi, Obizzo II d’Este, il quale “per vero” (davvero) fu ucciso dal figliastro: qui Dante sembra voler fare una rivelazione definitiva su voci già all’epoca incerte.
Arrivano poi a quelli sommersi fino alla gola nel bulicame cioè nella sorgente calda (più avanti questo termine verrà usato come nome proprio di una sorgente presso Viterbo). Qui Nesso mostra un’ombra sola in un angolo (“da l’un canto sola”), colui che tagliò in grembo a Dio il cuore che ancora cola (perché non vendicato? O per la venerazione?) sul Tamigi. Questa complessa perifrasi indica Guido di Montfort: nel 1272 per vendicare il padre ucciso dal Re d’Inghilterra Enrico III, ammazzò con cruenza durante una messa a Viterbo il cugino del Re, il mite Enrico di Cornovaglia, alla presenza di Filippo III di Francia e di Carlo d’Angiò. Il delitto rimase impunito (forse per la complicità dell’Angiò), e destò grande scandalo; Giovanni Villani ricordava come il cuore di Enrico fosse poi portato in Inghilterra e collocato in un’urna d’oro su una colonna del Ponte di Londra.
Successivamente Dante vede altri che tengono fuori il busto e altri che immergono solo i piedi: come spiegato da Virgilio nel canto precedente, essi sono i predoni e i violenti meno gravi. Non sono puniti qui i ladri, che derubano con la frode invece che con la violenza: ad essi è dedicata una malebolgia.
Nesso spiega poi che come in quel punto la profondità del fiume diminuisce, dall’altra parte poi ridiventa profonda gradualmente, fino ad arrivare dove sono immersi altri tiranni. Lì si trovano Attila, Pirro (probabilmente Pirro Neottolemo, più difficilmente Pirro Re dell’Epiro, lodato nel De Monarchia) e Sesto, probabilmente intendendo Sesto Pompeo.
Inoltre nomina due predoni che “fecero a le strade tanta guerra”: Rinieri da Corneto e Rinieri de’ Pazzi di Valdarno. Nel frattempo Nesso ha terminato la traversata: senza accennare alla salita/discesa di Dante dalla groppa, si gira e ripassa il guado nella direzione opposta.

[bibl]Inferno – Canto dodicesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_dodicesimo&oldid=38995951 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]

Lascia un commento