Canto XV Inferno – (vv 61-99) – Brunetto: profezia dell’esilio di Dante
Testo e commento del Canto XV dell’Inferno (versi 61-99) – Brunetto parla di Firenze e profetizza l’esilio a Dante
Ma quello ingrato popolo maligno che discese di Fiesole ab antico, e tiene ancor del monte e del macigno, 63 ti si farà, per tuo ben far, nimico; ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi si disconvien fruttare al dolce fico. 66 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; gent’è avara, invidiosa e superba: dai lor costumi fa che tu ti forbi. 69 La tua fortuna tanto onor ti serba, che l’una parte e l’altra avranno fame di te; ma lungi fia dal becco l’erba. 72 Faccian le bestie fiesolane strame di lor medesme, e non tocchin la pianta, s’alcuna surge ancora in lor letame, 75 in cui riviva la sementa santa di que’ Roman che vi rimaser quando fu fatto il nido di malizia tanta". 78 "Se fosse tutto pieno il mio dimando", rispuos’io lui, "voi non sareste ancora de l’umana natura posto in bando; 81 ché ’n la mente m’è fitta, e or m’accora, la cara e buona imagine paterna di voi quando nel mondo ad ora ad ora 84 m’insegnavate come l’uom s’etterna: e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo convien che ne la mia lingua si scerna. 87 Ciò che narrate di mio corso scrivo, e serbolo a chiosar con altro testo a donna che saprà, s’a lei arrivo. 90 Tanto vogl’io che vi sia manifesto, pur che mia coscïenza non mi garra, ch’a la Fortuna, come vuol, son presto. 93 Non è nuova a li orecchi miei tal arra: però giri Fortuna la sua rota come le piace, e ’l villan la sua marra". 96 Lo mio maestro allora in su la gota destra si volse in dietro e riguardommi; poi disse: "Bene ascolta chi la nota". 99
Brunetto Latini passa poi a parlare di Firenze introducendo la profezia dell’esilio di Dante, già introdotta nel Canto X con Farinata degli Uberti.
Egli dice che Dante avrà nemica la parte “fiesolana” di Firenze, quella che, citando la leggenda sull’antica Florentia raccontata da Giovanni Villani, si mischiò alla “virtudiosa” popolazione romana e che con la sua indole rude e aspra (“del monte e del macigno”) è causa dei continui conflitti interni alla città.
Brunetto poi inizia a citare una serie di esempi di sapore “proverbiale” che permeano questo canto e che sono uno degli esempi di come Dante modificasse lo stile della sua poesia in funzione dei personaggi dei quali si parla. Brunetto, quale autore di quella sorta di enciclopedia medioevale del Livre du trésor è qui caratterizzato quindi da un linguaggio motteggiante e ricco di riferimenti dotti. Un altro esempio evidentissimo di queste scelte linguistiche si era avuto nel canto di Pier della Vigna (Inf. XIII), mentre per esempio nelle Malebolge il poeta sceglierà il linguaggio più basso e popolaresco possibile.
Brunetto dice quindi che non conviene che un dolce fico cresca tra le aspre sorbe (un frutto molto aspro usato per alimentare animali e commestibile per gli uomini solo dopo una lunga maturazione) e che questi fiorentini-fiesolani sono per vecchia fama orbi (ciechi) riferendosi o al fatto che furono beffati da Totila (che si fece accogliere come amico e che poi saccheggiò la città) o alla leggenda delle colonne di porfido del Battistero (donate dai pisani, che si ritenevano miracolose perché facevano apparire il volto dei traditori, ma a causa della raschiatura da parte dei pisani divennero inutilizzabili, per cui si diceva “pisani traditori e fiorentini ciechi”). Essi sono inoltre, parafrasando un’analoga invettiva di Ciacco (Inf. VI, 74), avari (intesi come “avidi”), invidiosi e superbi, per cui Brunetto invita Dante a stare alla larga da loro (“dai lor costumi fa che tu ti forbi”). Inoltre continua profetizzando che per la sua fama entrambe le parti di Firenze avranno fame di lui: si può intendere che entrambe vorranno “sbranarlo” o che entrambe lo vorrebbero dalla loro parte (in genere i critici moderni preferiscono la prima interpretazione, la seconda è più legata agli antichi commentatori), ma il “caprone” dovrà stare lontano dall’erba (altra frase a mo’ di proverbio).
Le “bestie fiesolane” si mangino tra di loro (Dante usa la parola “strame” riferita al pasto degli animali) “e non tocchin la pianta, / s’alcuna sorge ancor in lor letame, / in cui riviva la sementa santa / di que’ Roman che vi rimaser”, cioè lascino stare quello che di buone germoglia dal loro letame, quale frutto della “santa” semenza del popolo Romano che decise di rimanere dopo che la città era ormai un “nido di malizia”.
Dante allora si appresta a dichiarare tutta la sua riconoscenza e il suo affetto verso Brunetto:
«”Se fosse tutto pieno il mio dimando”,
rispuos’io lui, “voi non sareste ancora
de l’umana natura posto in bando;
ché ‘n la mente m’è fitta, e or m’accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m’insegnavate come l’uom s’etterna:
e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo
convien che ne la mia lingua si scerna.
“ “Se potessi esprimere un desiderio”,
gli risposi, “voi sareste ancora vivo; poiché
nella mia memoria sta impressa – e mi da
coraggio – la vostra cara e buona immagine
paterna di quando nel mondo dei vivi
mi insegnavate come l’uomo
si rende eterno attraverso la sua opera:
e finché vivo si vedrà certamente
nelle mie parole future quanto ciò mi sia caro”.
Seguita Dante spiegando che ciò che gli è stato detto e, come gli ha vaticinato Farinata, sarà Beatrice a spiegarglielo più avanti.
Spiega poi che dell’esilio era già venuto a conoscenza (da Farinata degli Uberti, nel canto X, appunto) e che accetta quello che la Fortuna ha previsto per lui, “però (perciò) giri la Fortuna la sua rota / come le piace, e ‘l villan la marra” (altra espressione che arieggia come un proverbio, significante forse, da una passo del Convivio, come può capitare a un contadino di trovare un tesoro con la sua marra).
Chiude la scena Virgilio, anche lui motteggiante, che sentenzia “Bene ascolta chi la nota”, ovvero, secondo l’interpretazione più accettata, è un buon ascoltatore chi annota quello che ascolta, cioè chi si ricorda quello che sente.
[bibl]Inferno – Canto quindicesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_quindicesimo&oldid=40365213 (in data 11 novembre 2011).[/bibl]