Canto IV Inferno – (vv 106-151) – Il castello degli spiriti magni

Testo e commento del Canto IV dell’Inferno (versi 106 – 151 ) – Il castello degli spiriti magni

Venimmo al piè d’un nobile castello,
sette volte cerchiato d’alte mura,
difeso intorno d’un bel fiumicello. 108

Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:
giugnemmo in prato di fresca verdura. 111

Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne’ lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi. 114

Traemmoci così da l’un de’ canti,
in loco aperto, luminoso e alto,
sì che veder si potien tutti quanti. 117

Colà diritto, sovra ’l verde smalto,
mi fuor mostrati li spiriti magni,
che del vedere in me stesso m’essalto. 120

I’ vidi Eletra con molti compagni,
tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea,
Cesare armato con li occhi grifagni. 123

Vidi Cammilla e la Pantasilea;
da l’altra parte vidi ’l re Latino
che con Lavina sua figlia sedea. 126

Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia;
e solo, in parte, vidi ’l Saladino. 129

Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,
vidi ’l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia. 132

Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid’ïo Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno; 135

Democrito che ’l mondo a caso pone,
Dïogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone; 138

e vidi il buono accoglitor del quale,
Dïascoride dico; e vidi Orfeo,
Tulïo e Lino e Seneca morale; 141

Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
Averoìs che ’l gran comento feo. 144

Io non posso ritrar di tutti a pieno,
però che sì mi caccia il lungo tema,
che molte volte al fatto il dir vien meno. 147

La sesta compagnia in due si scema:
per altra via mi mena il savio duca,
fuor de la queta, ne l’aura che trema. 150

E vegno in parte ove non è che luca.


Essi arrivano così ai piedi di un nobile castello, con sette cerchie di mura e un fossato con un bel fiumicello; essi lo attraversano camminandoci sopra come su terra dura, poi attraversano sette porte fino a un prato con una fresca vegetazione: sull’interpretazione di questi numeri simbolici si è scritto molto senza trovare però un’insindacabile soluzione. Simile ai Campi elisi virgiliani, molto probabilmente il castello rappresenta la nobiltà umana, basata sulle quattro virtù morali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) unite alle tre virtù intellettuali (intelligenza, scienza e sapienza); sono escluse le virtù teologali, le uniche che mancarono a queste anime; oppure le sette cinte/porte sono le arti liberali e il castello rappresenta la scienza; o ancora il castello della filosofia con le sue sette ramificazioni. Per quanto riguarda il fiumicello esso sarebbe un ostacolo alla nobiltà, passato con facilità dai poeti, che potrebbe rappresentare i beni terreni o la vanità o altro. La luce stessa attorno al castello è un simbolo di conoscenza.
Nel castello sono ospitate persone che esprimono autorità, che hanno occhi tardi e gravi, cioè lenti e dignitosi, che parlano raramente e quando lo fanno hanno voci soavi. Dante e gli altri allora escono e salgono su un monticello verdeggiante dal quale fosse possibile vedere tutti gli abitanti del castello. Inizia poi l’elencazione degli spiriti magni.
Prima Dante elenca alcuni troiani, dai quali discesero i romani, popolo privilegiato da Dio perché fondatore di Roma che sarà il caput mundi tramite il papato. Essi sono:
Elettra, progenitrice dei troiani, con molti compagni tra i quali
Ettore
Enea
Cesare armato e con gli occhi minacciosi (grifagni)
Poi due vergini guerriere virgiliane:
Camilla
Pantasilea
Canto 4, Giovanni Stradano, 1587

Continuando con la storia romana, mitologica o reale, ci sono:
Re Latino
Lavinia
Bruto (che cacciò Tarquinio il Superbo)
Lucrezia
Giulia
Marzia
Cornelia
Isolato, perché di una civiltà diversa, sta il grande comandante musulmano:
Saladino
Dopo i nobili secondo alcuni critici di azione si passa ai nobili di pensiero, ovvero i filosofi:
Aristotele, indicato come ‘l maestro di color che sanno / seder tra filosofica famiglia
Socrate
Platone (questi ultimi che stanno più avanti degli altri, perché più importanti)
Democrito (che ‘l mondo a caso pone)
Diogene il Cinico (non è certa l’attribuzione)
Anassagora
Talete
Empedocle
Eraclito
Zenone (non si sa quale)
Seguono un naturalista:
Dioscoride
Poi di nuovo poeti e scrittori:
Orfeo
Cicerone (Tulïo)
Lino
Seneca
Matematici e astronomi:
Euclide
Tolomeo
Medici:
Ippocrate
Avicenna
Galeno
Infine il commentatore di Aristotele:
Averroè (terzo personaggio musulmano della serie)
Dante chiude dicendo che non può ritrarre tutti (ha già impiegato nove terzine per l’elenco), perché lo incalza il lungo tema, cioè il lungo viaggio da narrare, che spesso gli farà trascurare alcune delle cose “accadute”. La compagnie dei sei quindi si divide in due: Dante e Virgilio si allontanano per altra via, fuori dalla quiete dell’aere che trema (per i sospiri, come detto a inizio di canto) e fuori dalla luce.

[bibl]Inferno – Canto quarto, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_quarto&oldid=40034652 (in data 6 novembre 2011).[/bibl]

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